L’arte di parlare di arte – Intervista a Silvia Arosio
Silvia Arosio è una di quelle persone che ti ispira. Quando ho aperto il portale dedicato alla danza 10 anni fa e ho iniziato a fare le mie prime interviste non nascondo che è stata la mia ispirazione: spigliata, preparata, circondata da artisti magnifici, bionda… col biondo c’ero! Speravo di acquisire anche tutto il resto e di assomigliarle almeno un po’ negli anni.
Oggi parliamo con lei di comunicazione nel mondo dello spettacolo.
Silvia, prima di parlare del presente… come inizia la tua carriera di giornalista?
Torniamo proprio all’origine! Magari questo non l’ho mai raccontato: è successo che mi ero appena laureata all’università La Cattolica, dovevo ancora parlare con il mio Professore per la tesi, e lì ho trovato un mio compagno che mi dice “Ho dato vita a un giornale, ti va di parlare di teatro per noi?” Ho detto subito di si!
Ho cominciato in questo modo, poi nell’aprile del ’97, grazie a questi giornali locali, andai a vedere “Cantando sotto la pioggia”, al Teatro Manzoni, con Raffaele Paganini, Silvia Specchio e Manuel Frattini, e mi ricordo che al ritorno, guidava mio papà, e io guardando dal finestrino la luna mi dissi che dovevo assolutamente fare questo lavoro. Avevo già fatto 8 anni di danza classica, poi danza jazz e di carattere, ma anche teatro a livello amatoriale però non mi sentivo così brava da poter fare una carriera da professionista, quindi mi sono chiesta “Cosa so fare? So scrivere, so fare le interviste quindi questo sarà il mio lavoro”.
Pensa che mi ero già iscritta per fare il concorso da insegnante, stavo studiando; ho preso il mio libro di Contini, l’ho chiuso e ho cominciato a fare questo mestiere. E ora sono 23 anni.
Il tuo magazine è molto seguito e scrivi degli articoli bellissimi. Hai iniziato come giornalista pubblicista?
In realtà ho cominciato come una delle prime blogger professionali. Nel 2006, dopo un po’ di anni che scrivevo per questi giornali, mi chiamò Blogosfere e mi insegnò cosa era davvero il blog, che per me era più un “blob” perché non sapevo molto di questo mondo, però ho fatto un bel corso di SEO e dedicato a quella che è la parte tecnica e ho iniziato quello che era il Dietro Le Quinte di Blogosfere.
Poi ci sono stati i cambi di gestione e ci hanno proprio mandati via tutti in maniera molto allegra; e così mi sono aperta il mio blog personale: “Riflettori su…”. Ovviamente mi sono chiesta cosa potevo fare per migliorarmi, così ho deciso di far diventare il mio blog un quotidiano online a tutti gli effetti, sono andata a registrarlo al tribunale di Milano come giornale online quotidiano e, grazie ad un altro folle come me, Daniele Colzani, il mio Art Director, l’ho creato! Ero in vacanza in Francia e disse “Ma perché non facciamo un bel giornale cartaceo? Un mensile di approfondimento?” Ho pensato che fosse un pazzo! Fatto sta che lo abbiamo creato!
È un allegato mensile che viene stampato on-demand, solo su richiesta, e proprio perché il numero non è altissimo noi ci rientriamo dei costi e, in più, questo allegato assume anche un ruolo di oggettino da collezione, anche perché sono delle edizioni limitate.
Bellissimo! E “Riflettori su…” cosa tratta?
“Riflettori su”, è un mensile dedicato allo spettacolo da vivo. Ovviamente in questa situazione abbiamo voluto aprirci anche ad altri argomenti: abbiamo tanta arte, tanti libri, ville, musei e l’ultimo numero in particolare (dato che ci tengo molto personalmente) abbiamo fatto un bellissimo lavoro di inchiesta su quello che può fare bene all’essere umano a un livello profondo, cioè l’arte!
Ho trovato un medico compositore, un biologo per l’esattezza, che ha iniziato a comporre dei brani utilizzando la frequenza 432Hz, che è la frequenza della natura e della guarigione, e si chiama Emiliano Toso.
E da li c’è stata tutta una serie di incontri bellissimi, l’ho intervistato, ho conosciuto Tania Lumera che si occupa di meditazione, ho parlato con il Dottor Pettinazzo dell’ospedale di Padova, che usa proprio la musica di Emiliano Toso con i bambini, ho intervistato un’azienda agricola che fa la coltivazione delle piante con la musica di Emiliano e stessa cosa anche un maneggio che tratta appunto i cavalli con quella stessa musica.
Poi abbiamo fatto anche altre interviste… però ho voluto veramente dedicare molto spazio su quanto l’arte possa fare bene alla comunità e soprattutto al nostro organismo. E devo dire che mi è piaciuto veramente tantissimo e vorrei continuare su questo argomento per ancora qualche mese visto che il momento in cui stiamo vivendo lo richiede. L’arte ci fa davvero bene.
Secondo te proprio questo connubio tra lo spettacolo e l’arte potrebbe servire, in questo momento in cui il lockdown ci impedisce di riunirci nei teatri piuttosto che altro, a farci ri-scoprire delle location e dei luoghi magari all’aperto, sfruttando l’estate?
Si, ci sono delle strutture meravigliose in Italia, pensiamo soltanto a Taormina, ci sono tantissimi teatri all’aperto che si potrebbero utilizzare, alcuni forse andrebbero ristrutturati ma forse non serve neanche per forza un teatro… in Costa Azzurra, c’è la casa di Renoire, c’è un uliveto meraviglioso dove si tengono degli spettacoli, e lì ognuno si portava il suo plaid e si stendevano per terra sotto le stelle. Era uno spettacolo da pelle d’oca, inoltre ci sarebbe già la distanza sociale, sei all’aperto e non hai bisogno di nulla. Si potrebbe questa estate tranquillamente organizzare un qualcosa nei boschi o in spiaggia e si fa dell’arte.
Non sarà semplice riuscire a far entrare le persone dentro un teatro. Anche se ho letto giusto questa mattina che all’aeroporto di Nizza sterilizzano l’aria con dei robot dotati di lampade UV battericida, non so quanto posso funzionare o no, ma questo dimostra che ci saranno delle soluzioni che anche i teatri potranno adottare; ma ad oggi ancora non è così e ricordiamoci che la maggior parte del pubblico che va a teatro sono over 65; sono quelli più da proteggere.
Inoltre c’è anche tutto il discorso delle spese che i teatri dovranno sostenere, il fatto che non potranno più fare sold-out, e che la crisi dello spettacolo era già pregressa.
Occorre quindi quest’anno assolutamente approfittare dell’estate.
Vero, un po’ come ci stiamo approfittando della digitalizzazione. Molti stanno ri-scoprendo o scoprendo addirittura per la prima volta quanto la tecnologia possa esserci d’aiuto, molte compagnie ad esempio hanno scelto di mandare i loro spettacoli in streaming, non sarà mai emozionante come vederlo da vivo, ma dobbiamo pensare appunto che in platea per un po’, non sarà più come prima.
Sempre parlando di digitalizzazione, molti artisti e molti talenti hanno digitalizzato la loro comunicazione per restare vicini ai loro fans e al loro pubblico. Tu cosa ne pensi al riguardo?
Mah, io farei un po’ di distinguo, ne senso che ho seguito delle lezioni online e delle interviste ed è stato tutto molto bello, ma quello che non trovo bello è ad esempio mandare online uno spettacolo registrato precedentemente con un’inquadratura lontana lontana dove non si vede niente e non si capisce neanche chi sta parlando. Ho visto diversi spettacoli anche molto belli però ripresi in questo modo che perdono il senso e vanno un po’ a rovinare i teatri secondo me.
Il venerdì sera ci sono questi spettacoli di Webber sul sito “The Show Must Go On” che sono ripresi in una maniera spettacolare, e questi si che ti portano dentro il teatro e allora il discorso cambia.
Poi oltre al discorso di queste inquadrature un po’ bruttine c’è il lato egoico di questi artisti, che pur di farsi vedere si mettono al pianoforte e cantano e molto spesso con una qualità un po’ bassa. Quindi ci sono due fazioni, quelli che decidono di non fare nulla se non vengono pagati e quelli che fanno di tutto pur di farsi conoscere. Preferirei una giusta via di mezzo!
Io sono sincera sto guardando molto poco, mi arrivano quotidianamente decine e decine di proposte e per non fare torto a nessuno non guardo nulla e mi guardo Glee su Netflix 😉.
A me poi spiace tantissimo, a volte mi arrivano delle cose bruttine… e poi mi chiedono una risposta e faccio fatica a rispondere. Io ho una mia filosofia, che mi conosce lo sa: difficilmente stronco uno spettacolo nel mio lavoro di critica, perché so che comunque non è mai tutto buttato li, uno spettacolo è un grosso lavoro, è un crederci da parte di tutti e quindi non dirò che uno spettacolo è brutto o altro; piuttosto non ne parlo.
Questo suscita un po’ le ire dei miei colleghi giornalisti che mi dicono che dovrei essere più dura, che non posso essere la fatina buona o la Maria Giovanna Elmi dello spettacolo. Va bene, ma io non sono capace di essere troppo distruttiva… quindi quando non vedere la mia recensione fatevi due domande 😃