Tra videogames e comunicazione – Intervista a Rudy Bandiera
Quando, dopo anni di consulenza per la comunicazione, decidi di dare il via ad una serie di interviste che arricchiscano le persone che ti seguono, ma soprattutto te stessa, e di aprire un blog, non puoi non avere l’aspirazione di intervistare Rudy Bandiera.
Tra le moltissime cose blogger, giornalista, autore di libri e docente di online marketing presso master universitari e aziende, con il suo blog RudyBandiera.com è considerato tra i 50 più influenti in Italia e tra i primi 15 nel settore costume e società.
Con questa intervista ci concentriamo non tanto sulle sue competenze di consulente e comunicatore esperto di marketing ma vogliamo analizzare un po’ il fatto che lui abbia scelto di partire da una nicchia specifica. Sui social si conosce ormai l’importanza di rivolgersi ad un target specifico, quindi parliamo dei GAMES, che sono diventati un po’ il tuo tratto caratteristico.
Come si trasforma la classica figura del nerd, un po’ bistrattata dalle serie tv e dai film, in una figura professionale e autorevole, come hai fatto tu?
Questa è una bellissima domanda alla quale non so rispondere 😆. Beh, ogni cambiamento nel proprio brand personale deve essere, in quale modo, misurato, lento e il più possibile moderato. Non è che da un giorno all’altro uno può cominciare a parlare di un’altra cosa e diventare immediatamente autorevole; quindi secondo me, al di là del fatto che mi occupo di tante cose che riguardano non solo i videogame (e sono una parte molto importante dell’innovazione) non ho fatto altro che iniziare a parlare di una mia grande passione che conosco molto bene. Parlandone mi sono accorto di cosa le persone volevano sapere e quali erano le curiosità e le opportunità che potevo avere e quindi ne ho parlato sempre di più. Ma la mia ricetta è il tempo: bisogna farlo gradualmente.
Dicevi appunto di esserti concentrato su questo perché è un grande spunto per innovazioni tecnologiche, che sono poi state utilizzate in ambito sia industriale che in ambito comunicativo, come ad esempio la realtà virtuale piuttosto che altro.
In che modo riesci a far capire tutto questo agli imprenditori e alle aziende che segui e, soprattutto, è facile o difficile fargli fare questo switch su una cosa a cui non sono abituati?
Non è difficile, è virtualmente impossibile! L’unico modo per far capire agli imprenditori di una certa generazione alcune cose è con i dati e le informazioni alla mano, ma questi dati e queste informazioni puoi darglieli solo dopo che te li hanno chiesti e si sono fidati di te.
È davvero difficile, credo ci sia in loro un gap generazionale che fa si che considerino queste cose come cose da deficienti; però io mi sono anche detto che credo che possa esplodere qualcosa di davvero grosso e che sia meglio essere presenti. Tra qualche anno ci sarà un turn over anche ai vertici e ci sarà qualcun altro a capo delle loro aziende. Quindi il mio posizionamento lo vedo in prospettiva.
Quando vengono chiesti dei dati e delle informazioni abbiamo sicuramente materiale più esaustivo: un esempio molto concreto è quello della bibita Monster (sto preparando proprio adesso delle slide perché parlerò alla camera dei deputati di questo mondo degli influencer e molto altro) perché il giorno in cui è uscito il videogioco Death Stranding, nel quale viene bevuta, le azioni di Monster si sono impennate. Quindi non stiamo parlando solo di giochini, stiamo parlando di qualcosa di completamente diverso.
Certamente! Anche per i giovani i games quindi possono essere fonte di apprendimento.
Una domanda un po’ utopica: se tu potessi tornare indietro agli anni degli studi ma con la consapevolezza del periodo attuale, punteresti su un corso di laurea dedicato a questo (programmazione o sviluppi grafico)?
Ti dico la verità: assolutamente no! No perché tutta la parte tecnica non fa per me, io sono molto più puntato sulla parte umanistica. Rifarei tutto come l’ho fatto e non cambierei assolutamente nulla.
Invece ai ragazzi che adesso devono iniziare un nuovo percorso di studi consiglieresti qualcosa di simile?
In realtà iniziano ad esistere degli studi universitari su questi temi, ma sono ancora molto marginali. Quello che consiglio è (e sembra banale) di puntare sull’auto apprendimento perché oggi su internet si trova davvero tutto e sia ha la possibilità di dimostrare quello che si sa fare con i fatti. Se tu impari a fare qualcosa, lo sviluppi e lo rendi un ‘prodotto’, dimostri di saperlo fare e rischi anche di farci dei soldi.
In italia non è semplice eh!? La Germania ad esempio poche settimane ha stanziato un fondo di diversi milioni per questo; molto di più per i videogame che per la musica o il cinema. L’hanno fatto anche in Francia e Polonia sta cosa, solo qua non esiste una cosa così… ci sono aziende di giochi che fatturano 5 miliardi all’anno. È un enorme mercato secondo me che finora non è ancora stato ben compreso, e allora i ragazzi è inutile che facciano l’università, devono sbattersi per conto proprio per arrivare da qualche parte.
Come portiamo invece la nostra comunicazione, anche attraverso lo storytelling, al livello di velocità e coinvolgimento che hanno i game, per interessare le nuove e anche le vecchie generazioni che usano tantissimo i social?
Io qua credo ci sia un’asincronia di linguaggio. Temo non si possa portare sui social che ci sono oggi una velocità comunicativa e le dinamiche che sono presenti nei videogame. Sono piattaforme diverse con linguaggi diversi. È come dire: come posso io portare la mia comunicazione di brand su TikTok? Non puoi! Non puoi perché o usi il linguaggio di TikTok, fai i balletti e sembri un deficiente, o non li fai e sembri comunque un deficiente perché sei fuori contesto. Ogni luogo ha un proprio linguaggio e le sue dinamiche. Su Linkedin non si possono trovare chiavi di comunicazione diverse da quelle che puoi trovare su Linkeding, per fare un altro esempio.
Restando su TikTok si vedono molti BIG della comunicazione che cercano di lanciarsi su questo social, ma credo, ad oggi, seguiti comunque sempre dalla stessa nicchia di persone che li seguono sugli altri social, quindi secondo me ad oggi quel canale non implementa il tuo pubblico.
Si, oppure non abbiamo ancora trovato il modo. Io lo trovo geniale TikTok, davvero; e lo trovo che per il 60% i contenuti che sono sopra siano straordinari, però io provo ma niente da fare, non ho ancora trovato il linguaggio giusto.